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Incontro con uno stregone 

E' questo che mi è capitato oggi... è anche questo il potere di internet..
oggi ho incontrato uno stregone africano che ha spolverato le mie idee!

estratti:

...E’ dunque vero che soltanto facendo spazio al «selvaggio», al primitivo dentro di noi, ci preserviamo dal rischio che esso si impadronisca dell’inconscio della nostra personalità, attraverso il cosiddetto «disturbo mentale»? ...

La donna

....E’ assurdo considerare la donna come fosse simile a noi, quasi fosse soltanto un uomo. La donna è enormemente più potente dell’uomo: ci ha dato la vita, come madre, e ce la dà nuovamente, ogni volta che ci innamoriamo di lei ed entriamo in una nuova esistenza, grazie alle cose che lei ci insegna, ci trasmette, rende vive dentro di noi. La dea più importante, primordiale, qui in Africa è la Dea Madre, venerata senza interruzione fin dal Neolitico, 25 mila anni prima di Cristo....


Il matrimonio

...«Il matrimonio», dice Kredo Mutwa, «per l’africano è la medicina, la grande terapia con la quale l’uomo si fa curare dalla donna-madre, e la donna dall’uomo. E’ una scuola di comunicazione vera, tattile, istintiva. Quando l’uomo torna a casa dal lavoro tocca la moglie, le tiene le mani nelle sue, le tocca la faccia per sentire come sta. Se non lo capisce vuol dire che l’uomo si sta ammalando, diventa opaco, freddo, non è più capace di sentire con le mani, col corpo».
«Alla mattina, quando ci si sveglia, ci si tocca per vedere se si è ancora lì: così, attraverso il corpo dell’altro ricomincia nel giorno nuovo la relazione e la comunicazione col mondo, con gli altri»....

La natura

...«La terra è la rappresentazione fisica della Grande dea Madre, e dunque è sacra. L’uomo può vivere, senza cadere nella follia, solo se rimane in buona armonia con essa, e con tutti gli esseri viventi sul pianeta con i quali costituisce un tutto unico, gli animali e le piante, che noi Zulù chiamiamo la Gente Verde». «Se si separa dalla terra, dagli alberi e dagli animali», riprende Mutwa, «l’uomo non è più unito ma diviso (dissociato direste voi), e quindi è pazzo. Per questo scavare buchi nella terra (come fate voi bianchi, qui, con le vostre miniere d’oro) si può fare solo moderatamente e con atteggiamento religioso, sapendo che si reca una ferita nel corpo della madre, cui dovremo restituire poi ciò che togliamo».

Il medico e il paziente

...«Da noi Zulù, per dire malato mentale si dice “colui il cui cervello è diviso in due”. Ma ogni malattia è una forma di divisione. O è divisa la mente, quella che voi chiamate la psiche. O è diviso il corpo: un organo funziona in un modo, gli altri in un altro. In genere queste divisioni nascono sempre da qualcosa che fa sì che quella persona non possa rimanere intera. Per esempio, io sto curando una donna che fa la commessa in un supermercato a Johannesburg, e deve essere sempre gentile, e parlare con voce bassa, come fate voi bianchi. Così, è molto divisa e malata, perché è una Zulù, e la sua anima vorrebbe che lei gridasse fino a farsi sentire al di là del quartiere, e che fosse molto cordiale o molto villana a seconda di come è il suo umore. Allora io la curo insultandola brutalmente, e gridando, fino a quando anche lei lascia perdere la sua falsa aria da signora bianca e urla, piange, si arrabbia, danza, e così guarisce. Il medico deve essere qualcuno che conosce la malattia, ma dal di dentro, in quanto lui stesso è stato malato. Quando curo una persona devo essere capace di diventare io il malato, e debbo essere in grado di guarirmi: solo così potrò guarire lui».
«Una persona che non ha vissuto la malattia non può curare nessuno. Noi izangoma siamo stati ammalati, perché siamo stati divisi, e così oggi possiamo curare. Siamo stati divisi e ammalati perché eravamo ragazzi e ragazze come gli altri, e poi sono cominciati ad arrivare sogni, messaggi, segni che ci chiamavano a diventare izangoma»....


Stregone

 
G.


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